

LA NOSTRA
STORIA
Di recentissima ristrutturazione, sorta sulle vestigia dell'ex convento di San Francesco, poi carcere mandamentale fino al 1973, la biblioteca comunale di Gravina in Puglia si rivela un suggestivo viaggio nel tempo.

Sicuramente si può provare l’esistenza del convento già nel 1300, grazie ad una bolla papale emessa da Bonifacio VIII del 9 novembre dello stesso anno, dove si accennava ad un padre guardiano (titolo attribuito ai frati superiori) di tale convento francescano su suolo gravinese.
Origini
Ad avvalorare questa tesi figura anche la testimonianza del cardinale Vincenzo Maria Orsini, poi papa Benedetto XIII, che riportava questa notizia nella relazione redatta in seguito ad una sua visita apostolica in questi luoghi.
La storia affonda le sue radici intorno al 1300, periodo in cui su questo suolo sorgeva il convento francescano, non lontano dalla primitiva chiesa nei locali del monastero di Santa Maria La Nova, appartenente ai Benedettini di Cava. Una leggenda attribuisce, però, proprio al santo di Assisi la fondazione di tale struttura, collocandola, quindi, nel secolo precedente.
Restauri
Si ipotizza che i frati giunsero in città favoriti dal vescovo Mons. Giovanni II De Gallinario, anch’egli francescano, che concesse loro l’area adiacente alla badia dei benedettini, dove fu quindi edificato il primo convento.
Settecento anni fa, ovviamente, il convento non si presentava affatto come lo conosciamo oggi. Difatti, durante gli anni, si susseguirono diverse ristrutturazioni e operazioni di ampliamento della struttura.
Il terribile terremoto del 1456 abbatté la prima chiesa e così i frati ne costruirono un’altra, l’attuale, dedicata a San Francesco. Lo storico gravinese Domenico Nardone aveva ipotizzato che la chiesa fosse stata successivamente arricchita ad opera del Bramante, uno dei più celebri architetti e pittori del suo tempo.
Vi sono testimonianze di altre ristrutturazioni nel corso del XVII secolo, mentre negli anni 1714-1715 il convento venne ampliato in seguito alla demolizione del monastero di Santa Maria la Nova, entrato in possesso dei Frati Minori Conventuali; al complesso venne aggiunto, quindi, un chiostro, che oggi è in parte occupato dagli uffici comunali.
Nel 1793 la chiesa fu consacrata ad opera del vescovo Mons. Michele de Angelis, su sollecitazione del guardiano del tempo, Padre Salvatore La Vecchia.
Conversione
La storia di questi locali cambiò radicalmente direzione a partire dal 1809, quando un editto napoleonico dispose la soppressione di tutti gli ordini monacali; il demanio, quindi, incamerò i locali del convento di San Francesco costringendo i frati ad abbandonare anche la chiesa.
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Con decreto regio del 25 aprile 1813 di Gioacchino Napoleone, re delle Due Sicilie, i locali del convento furono destinati al comune di Gravina in Puglia, per essere utilizzati come sede del municipio.
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Dapprima parte del convento fu adibita a caserma, poi, nel 1843, la struttura venne restaurata e destinata ad accogliere il carcere mandamentale, in cui erano detenuti per lo più gravinesi condannati con una pena non superiore a un anno o imputati in attesa di giudizio.
Di fatto, parliamo di una realtà minore, ovverosia un carcere che accoglieva contemporaneamente non più di venti carcerati, autori di reati minori come furto di bestiame e legna, oppure aggressioni e disturbo della quiete pubblica. Nel corso degli anni, la struttura venne attrezzata per accogliere anche donne, le celle delle quali erano collocate al secondo piano, lontano dagli altri detenuti. Il carcere non forniva alcun servizio di ristorazione; erano, infatti, le mogli o i parenti dei reclusi a procurare loro giornalmente almeno un pasto caldo.
Negli anni, si susseguirono diversi carcerieri alla sorveglianza del posto, fino ad arrivare nel primo dopoguerra ad una vera e propria conduzione familiare, per la quale diversi membri dello stesso nucleo svolgevano tutte le funzioni necessarie al funzionamento del carcere.
Convivenza
Le due realtà, quella religiosa e quella giudiziaria, si trovarono a coesistere centoventidue anni dopo la chiusura del convento, quando il Vescovo Mons. Giovanni Sanna favorì il rientro della comunità monacale a Gravina, in quanto anch’egli francescano. Il Comune, quindi, nel 1932 concesse loro due ali del convento, più un locale a pian terreno e i frati tornarono ad occuparne le celle.
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Le restanti stanze della struttura continuarono ad essere utilizzate come sede carceraria del mandamento, fino al 1973, anno in cui, per motivi di igiene e sicurezza, il carcere cessò temporaneamente le sue attività.
La chiusura divenne poi definitiva con la riforma del 1975, con cui tutte le case mandamentali furono dismesse e questi locali abbandonati.
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Oggi, a distanza di cinquant'anni, i locali che hanno ospitato frati e carcerati riaprono le porte alla comunità nella veste di biblioteca comunale.
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Fonti:
- Domenico Nardone, Notizie storiche della città di Gravina, a cura della fondazione Ettore Pomarici santomasi, M. Liantonio editore, Palo del colle, 1979.
- Domenico Nardone, L'arte sacra di Gravina la chiesa di San Francesco, in «Pace e bene», III (1929), 8, IV, (1930), n. 1.
- Archivio storico comunale.
CENNI STORICI

Il convento di
San Francesco
Tutto si può dire fuorché San Francesco fosse un uomo sedentario. Non solo la sua dottrina si allargò a macchia d’olio, ma furono i suoi stessi passi a peregrinare lungamente per le strade di questo Paese. In piena sintonia con la tradizione apostolica, votando la sua vita a Dio e l’evangelizzazione, effuse la sua regola al di fuori dei luoghi dove questa prese forma, fondando diversi conventi in tutta Italia.La leggenda vuole che quello di Gravina in Puglia debba a lui non solo il nome, ma addirittura la fondazione.
Ad avvalorare questa tesi figura anche la testimonianza del cardinale Vincenzo Maria Orsini, poi papa Benedetto XIII, che riportò questa notizia nella relazione che redasse in seguito ad una sua visita apostolica in questi luoghi.
Con buona probabilità Gravina dovette attendere diversi anni dalla morte del Santo per assistere all’approdo dei frati francescani all’interno delle proprie mura. Si ipotizza che questi giunsero in città intorno al 1350, favoriti dal vescovo Mons. Giovanni II De Gallinario, anch’egli francescano, che concesse loro l’area adiacente alla badia dei benedettini, dove fu quindi edificato il primo convento. Sicuramente, però, si può certificare l’esistenza del convento già nel 1300, grazie ad una bolla papale emessa da Bonifacio VIII del 9 novembre dello stesso anno, dove si accennava ad un padre guardiano (titolo attribuito ai frati superiori) di tale convento francescano su suolo gravinese. Settecento anni fa, ovviamente, il convento non si presentava affatto così.
Difatti, durante gli anni, si sono susseguite diverse ristrutturazioni e operazioni ampliamento della struttura. La chiesa, in primis, fu interamente ricostruita in seguito al terremoto del 1456 ad opera, si ipotizza, del Bramante, uno dei più celebri architetti e pittori del suo tempo. Vi sono testimonianze di altre ristrutturazioni nel corso del XVII secolo, mentre negli anni 1714-15 il convento venne completamente ricostruito e, nel corso dello stesso secolo, ampliato in seguito alla demolizione del monastero di Santa Maria la Nova; al complesso venne aggiunto, quindi, un chiostro, che oggi è in parte occupato dagli uffici comunali.
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L’ultimo dato storiografico è quello della consacrazione della chiesa nel 1793 ad opera di Mons. Michele De Angelis, vescovo di Gravina, poiché nel 1809, in forza alla soppressione napoleonica, il convento fu chiuso e i frati costretti ad abbandonare anche la chiesa. Solamente nel 1931 la chiesa fu riaperta e nel 1932 il Comune concesse ai frati due ali del convento e un locale a pian terreno.